Ricordo come fosse ora. Il Surprise lasciò gli ormeggi da Tenerife nella luce del tramonto. Non so perché dopo tanta attesa partimmo proprio al tramonto, ma Ambrogio ed io ammiccavamo come due complici. Forse Ambrogio, più esperto di me, aveva scelto volutamente il tramonto perché come si dice “ai naviganti intenerisce il core”. Beh il mio cuore non aveva bisogno di intenerirsi, era già gonfio di emozione e viveva con grande passione l’intimità di quella partenza. Stava scendendo il buio, cominciava a far freddo ed io ero stanco per il lungo e faticoso viaggio fatto per raggiungere Ambrogio (tre giorni in giro per l’Europa a causa di uno sfortunato sciopero dei controllori di volo spagnoli), ma non riuscivo a staccare gli occhi dalla scia che il Surprise lasciava dietro di sé. Le luci di Tenerife andavano spegnendosi all’orizzonte e io non vedevo l’ora che scomparissero del tutto per sentirmi veramente in Oceano. Osservavo il lavoro del timone a vento che vedevo per la prima volta ed il gioco a rimpiattino delle due pale quella eolica e quella in acqua. Si parlavano: quando la pala eolica si piegava da un lato per un cambio di vento, quella in acqua subito le rispondeva piegandosi nella direzione opposta. Ed il loro duetto era così rapido, ma allo stesso tempo armonico, che il Surprise continuava inconsapevole nella sua rotta. Scese la notte e noi non accendemmo neppure le luci di posizione; non avevamo sistemi per ricaricare le batterie se non l’uso del motore e non valeva la pena cercare di farsi vedere da chi, stante la nostra minuscola dimensione, non ci avrebbe comunque visto. La prima notte in Atlantico! Non la dimenticherò mai. Ero tutto indolenzito per la stanchezza, ma non volevo perdere neppure un attimo di quella notte magica. Ambrogio mi guardava stupito e si offerse di fare il primo turno di guardia (sotto costa era meglio stare allerta), ma io rifiutai. Non avrei dormito comunque, quella notte era mia, doveva essere la “mia” notte. Sapevo che l’avrei ricordata per tutta la vita e volevo essere sicuro che si imprimesse bene nella mia memoria. Feci il primo turno, condivisi il successivo con Ambrogio, poi toccò di nuovo a me. Quando Ambrogio venne a darmi il cambio per la seconda volta ero ancora lì. La stanchezza stava per prendere il sopravvento, ma tenni duro: avevo assistito al tramonto del sole, volevo rivederlo sorgere. E venne l’alba, venne in punta di piedi, forse per non svegliare chi ancora dormiva. Soddisfatto, scesi in cabina e piombai in un sonno profondo.