I ghiacci erano però più vicini di quanto si immaginasse. Il giorno dopo, appena visibile all'orizzonte, apparve
"il margine estremo della banchisa che luccicava attraverso la nebbia".
Trovato un passaggio tra i ghiacci alla deriva, Nansen puntò la prua verso la banchisa polare, spense i motori e aspettò. Annotò il 24 settembre:
"Siamo bloccati tra i ghiacci sempre più in fretta. Sta per arrivare l'inverno".
Infine, il 9 ottobre, iniziò il finimondo. L'equipaggio al completo era sottocoperta, quando parve che l'universo esplodesse.
"Cominciò un rumore assordante e la nave tremò".
Scossa come da un terremoto la banchisa polare si inarcava e premeva contro la Fram , ma non la schiacciò; si limitò a sollevarla, come Nansen aveva predetto; l'assalto dei ghiacci continuò un giorno dopo l'altro, ma la Fram, rimase illesa. Commentò Nansen. "I ghiacci premono e si ammassano intorno a noi con un boato simile al tuono. Formano muri e cumuli alti quasi quanto il sartiame della Fram". E aggiunse:
Fanno tutto il possibile per ridurre in polvere la nostra nave.
Ormai sicuri che la Fram poteva sostenere la pressione dei ghiacci, gli uomini si disposero a quella routine che avrebbero seguito per mesi, forse per anni, mentre la robusta imbarcazione si lasciava trasportare verso il Polo Nord.